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Buon compleanno Leoncino… insieme agli angeli

Il 9 marzo dello scorso anno l’Aifa ha approvato l’utilizzo di uno dei farmaci più costosi al mondo, permettendo così a tanti bambini affetti da SMA di usufruire gratuitamente della cura. Una battaglia vinta anche grazie all’impegno di Francesca e Francesco, genitori tenaci del piccolo Leonardo Bailey, che tutti ricordiamo come il piccolo LEOncino a cui pochi mesi fa è stata intitolata l’area giochi di Piazza degli Eroi.

Sì, perché il piccolo grande guerriero, dagli occhi azzurri come il mare di Ischia e un sorriso che non poteva che rubare baci, non ha potuto godere della terapia e ci ha lasciati proprio l’anno scorso, quando per tanti suoi compagni di cammino si spalancavano le porte della speranza di una vita migliore.

Leo ha insegnato a tutti coloro che hanno seguito la sua vita, che purtroppo si è interrotta al compimento del suo primo anno, che anche nelle situazioni più difficili c’è sempre qualcosa di buono da raccogliere. E in questo caso la svolta storica nella cura di questa tremenda malattia ha dato a Francesca la forza di continuare a lottare sentendo sempre al suo fianco il suo piccolo.

Così, anche se l’8 marzo Leonardo festeggerà in Paradiso il suo secondo compleanno e non è più fisicamente con noi, vogliamo unirci ai suoi genitori e restare uniti nell’amore che proprio lui ci ha saputo dimostrare nella sua breve ma intensa vita.

Ecco le parole di Francesca, la mamma del piccolo Leo.

“Il tuo è stato un arrivo in punta di piedi, era agosto 2019 quando diventai la donna più felice del mondo…ho vissuto l’attesa del tuo arrivo come un momento magico, fin quando non sei dovuto venire al mondo prematuro l’8 marzo 2020, e non potevo che festeggiare la festa della donna in modo migliore se non diventando la TUA mamma.

Ti abbiamo portato a casa 10 giorni dopo, perché per il basso peso sei stato in terapia intensiva. Le prime settimane, mesi li abbiamo vissuti chiusi in casa a causa del COVID, che non ci permetteva di uscire e ci nascondeva i sorrisi.

Arrivò l’estate e tu crescevi ma c’era qualcosa che non mi faceva stare tranquilla, e dopo l’ennesima visita dove dicevano che eri solo un bimbo prematuro si accorsero che ti muovevi poco e decisero di ricoverarti per accertamenti.

Un anno dopo la scoperta della tua esistenza nel mio grembo, siamo stati ricoverati presso l’ospedale Santobono.

Cosi dopo pochi giorni dal ricovero arrivò la diagnosi, eri un bimbo affetto da Sma1 (il tuo midollo non produceva una proteina e i tuoi muscoli non avevano forza).

Impauriti io e il tuo papà chiedemmo come accade una malattia del genere e ci dissero che un bimbo speciale quanto te nasceva da due portatori sani.

Da lì iniziò un percorso e una lunga degenza in ospedale, dove imparammo a conoscere come interagire e combattere con il nemico usando macchinari per la fisioterapia respiratoria e sedute motorie.

Il tuo primo ricovero fu molto devastante: da un giorno all’altro ci cambiò la vita, ci trovammo a vivere una vita diversa, attenta, limitata, il nemico si faceva strada dentro di te squarciando il nostro cuore e lasciandoti senza forza per piangere e deglutire.

Quando ci diedero la notizia della tua malattia ci dissero che saresti stato un bimbo intelligentissimo e che dal 2017 c’è un farmaco “Spinraza” che può essere iniettato nel midollo di quanti sono affetti da Sma ogni 4 mesi. E così tra un consenso e una formazione iniziammo questa terapia.

Finalmente riuscimmo a tornare a casa e iniziammo una routine, quella ingiusta per un bambino, macchinari respiratori per evitare che i muchetti si depositassero, non facendoti respirare serenamente e fisioterapia motoria, mentre fuori c’era il sole, ma il nostro sole ce l’avevamo in casa.

Poi passarono i mesi e iniziammo a diventare più esperti, raccogliendo mascherine e rassettando macchinari in giro per casa e affrontavamo le nostre giornate in casa godendoci e stando sempre sul chi va là, ma i tuoi sorrisi ci confermavano che stavamo diventando bravi, io e il tuo papà.

Poi arrivò l’anno nuovo e assieme ad altre famiglie iniziammo a combattere per avere la terapia genica, un farmaco costosissimo che corregge il difetto genetico di un bimbo SMA. In tanti paesi era concesso ai bambini SMA, e in Italia invece era somministrato ai bimbi fino ai 6 mesi e tu come tanti altri amichetti non potevate riceverlo perché eravate più grandi.

Iniziò una battaglia televisiva e tramite i social, e così aumentò il tuo successo attraverso la pagina che creammo per fare conoscere la tua malattia alla nostra realtà isolana.

A febbraio facemmo l’ennesimo ricovero nel reparto che ormai per noi era una seconda casa con una seconda famiglia, per un’altra infusione. In quei giorni il nostro cuore sperava che l’AIFA concedesse Zolgensma, la terapia genica tanto attesa, che tu avresti potuto ricevere perché nonostante la patologia mangiavi oralmente e respiravi senza macchinari, insomma avevi tutte le carte in regola per poterla ricevere, ma non fu concessa se non troppo tardi.

Dopo qualche giorno tornammo a casa perché eri in perfetta forma, ma la sera stessa del ritorno a casa iniziasti ad avere un forte raffreddore che non ci fece trascorre la notte sereni, al mattino facemmo la visita dal pediatra che disse che i muchetti c’erano ma non c’era nulla di preoccupante.

E invece nel primo pomeriggio di quel 27 febbraio, accadde il peggio, stanco dalla notte che avevi riposato male, provasti a cacciare dei muchetti, ma le tue forze erano poche e forse riscesero nei polmoni (ab ingestis); di lì a poco salì la febbre e chiamammo i soccorsi, ma i tempi furono lenti. Arrivati in ospedale tutti i medici di turno erano confusi e ansiosi perché non istruiti e attrezzati per una patologia con una parola tanto piccola ma con una gravità tanto invadente. Ci fu bisogno del trasferimento a Napoli, ma quando arrivasti al Santobono avevi una crisi cardiocircolatoria in corso, e, nonostante tu ti sia ripreso, subisti danni cerebrali irreversibili.

Passammo la prima notte a guardare il soffitto, sperando che non ci chiamassero per comunicarci il peggio. L’indomani che ti rividi, non lo dimenticherò mai, fu atroce vedere il tuo sorriso spento e gli occhi altrove assenti.I medici dicevano che eri grave e che ogni momento poteva essere l’ultimo e invece eri forte, e così abbiamo provato ad essere noi lì con te, parlandoti e facendoti sentire le tue canzoncine preferite.

Arrivò l’8 marzo e trascorremmo il tuo primo compleanno, accanto a te in un lettino di rianimazione senza spegnere la tua prima candelina.

Ogni momento poteva essere l’ultimo eri grave e prossimo alla morte cerebrale eppure eri li a continuare a combattere.

Arrivò il 9 marzo e l’AIFA concesse la terapia genica, ma tu ormai non potevi più riceverla e così, assicurandoti che i tuoi amichetti potessero riceverla, il 10 marzo sei spirato.

Fu l’ennesima giornata di quegli ultimi dieci, interminabile, decidemmo di donare i tuoi organi, e così si attivò tutta l’equipe per cercare bimbi che aspettavano un trapianto. Un consenso arrivò e una nuova possibilità arrivò per un altro bimbo.

La storia che abbiamo raccontato può sembrare un film dove non avremmo mai voluto essere gli attori, ma che ci ha insegnato a donare senza nulla in cambio, e come affrontavi le tue giornate con il sorriso stampato e una forza d’animo imbattibile, sei arrivato in punta di piedi, e a testa alta te ne sei andato come solo un LEOne sa fare.

Da allora è passato un anno, e oltre al tuo ricordo hai lasciato segni tangibili: la comunicazione del centro trapianti per la riuscita della donazione, una targa nella sala rianimazione dell’ospedale Santobono, un premio di solidarietà a te intitolato con la creazione di una borsa di studio,una targa nella piazza più importante di Ischia.

Non si hanno questi riconoscimenti per caso,la tua vita è stata breve, ma è stata quella di un guerriero che ha subito tanto senza mai perdere il sorriso, mai un pianto mai un capriccio.

Continueremo con la forza che solo tu puoi darci a fare passare il tuo messaggio, quello di amare ed essere amato nel modo più puro possibile, a donare a chiunque un sorriso e non solo, ma soprattutto a combattere per il diritto alla salute senza dare un prezzo alla vita di un essere umano.

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